Troppo pochi 90 euro di canone per sostenere le casse della RAI.
Carlo Fuortes, l’amministratore delegato della RAI nominato da Mario Draghi lo scorso luglio, torna a parlare del canone RAI dopo essersi già inimicato il sindacato interno e mezza board.
Le sue parole arrivano dall’audizione in commissione Lavori Pubblici al Senato, e ribadiscono ancora una volta – Fuortes già ne aveva parlato nel recente passato – l’insostenibilità della programmazione RAI attuale senza un aumento del canone televisivo. In mezzo, c’è anche la questione soldi pubblici e budget: la RAI attualmente si sostiene con il canone e può essere finanziata solo con quello, mantenendo l’indipendenza della televisione pubblica dal sistema commerciale della pubblicità. E secondo Fuortes, il canone non è abbastanza.
Bilancio precario
Nel corso dell’ultima riunione del CdA, Fuortes si è trovato solo: il tema in votazione era il bilancio 2022, che quest’anno si chiuderà in pareggio anche grazie al taglio voluto da Fuortes su alcune edizioni del TGR e TG Sport (tagliate quelle notturne), trovando l’opposizione di diversi consiglieri in area 5 Stelle e PD.
Ma il bilancio è precario, e Fuortes sottolinea l’esiguo contributo dato dal canone pubblico, che da gennaio è tornato in bolletta dopo i due mesi di pausa di novembre e dicembre 2021.
La questione è che 90 euro sarebbero pochi, perché non tutti vanno nelle casse della RAI, a cui spettano “soltanto 74 euro” (il resto viene preso dallo Stato).
Secondo Fuortes, utilizzare «solo il canone oppure il canone e la pubblicità è una scelta politica». Lo scorso novembre Fuortes aveva tentato la manovra proponendo di rimodulare gli spot pubblicitari e aumentarli dell’8%. La proposta fu però bocciata. Se alla RAI arrivasse invece l’intera cifra del canone (sono 110 i milioni trattenuti dallo Stato), «molti discorsi non verrebbero fatti», perché la cifra intera «probabilmente sarebbe sufficiente a gestire quest’azienda in modo tutto diverso».
Guardando agli altri paesi, Fuertes aveva ascritto al canone della RAI un valore “incongruo, oltre che incerto”. Se il canone RAI in Italia costa ora infatti 90 euro, in Croazia costa invece 127 euro, in Francia 138, in Gran Bretagna 185, in Germania 220 e in Svizzera 312 euro. Secondo Fuertes – e lo ha ribadito anche nei giorni scorsi – in Italia si paga un «canone incongruo rispetto ai grandi impegni che Rai ha nella gestione dei compiti di servizio pubblico».
Secondo Fuortes, ci si dimentica spesso del fondamentale servizio pubblico svolto dalla RAI: perché oltre ai programmi televisivi, ci sono sottotitoli, le audiodescrizioni e l’offerta in lingua dei segni per i cittadini sordi o ciechi ai programmi culturali, magari relegati purtroppo a tarda notte.